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Il Santuario di Oropa (XIII sec.)


Biella



La Basilica Antica (XIII sec.)



Nel circondario di Torino, quando si vede qualcuno che, nonostante il cielo sereno ed il sole a picco, si accinge ad uscire con ombrello ed impermeabile, è di moda la battuta: "Ma dove stai andando, ad Oropa?". Il Santuario di Oropa, in effetti, dall'alto dei suoi 1200 metri d'altitudine, è spesso battuto dalla pioggia e dal freddo, anche durante i mesi estivi. Non è stata eccezione per la nostra visita, a Giugno 2008, quando il luogo sacro ci è apparso avvolto da una fitta nebbia e sferzato da una pioggia insistente. Oropa, piccola frazione del comune di Biella, ospita uno dei santuari mariani più noti d'Europa, caratterizzato dalla devozione per una Madonna Nera. Secondo la tradizione, Sant'Eusebio, primo vescovo di Vercelli, nel IV sec. avrebbe portato in Italia, dall'Oriente, tre statue di Madonne Nere, tuttora venerate ad Oropa e Crea, in Piemonte, e nella cattedrale di Cagliari. Quella di Oropa sarebbe stata trovata dal vescovo sotto le macerie di Gerusalemme e sarebbe stata nascosta, al suo arrivo in Italia, in una nicchia scavata all'interno di un masso erratico, lo stesso che oggi si trova addossato alla chiesa. Accanto al masso sorse in seguito una cappella, detta "Cappella del Roc", in seguito al ritrovamento, da parte di alcuni pastori, dell'immagine sacra.


Una chiesa vera e propria, invece, sorse attorno al XIII sec., quando il flusso di pellegrini ed il culto della Vergine Nera era notevolmente aumentato. L'edificio venne ampliato e ristrutturato, ottenendo l'aspetto attuale, verso la metà del XVI sec., per ringraziamento alla Vergine dopo le pestilenze che avevano colpito il Biellese nei secoli precedenti. L'opera di ristrutturazione, fatta eseguire dal vescovo di Vercelli Giovanni Stefano Ferrero, fu largamente sostenuto e favorito dalla corte dei Savoia, che dal Seicento all'Ottocento incessantemente finanziarono e sostennero il cantiere di Oropa. I lavori si conclusero verso la metà del secolo successivo.



La Madonna Nera



La statua della Madonna Nera (XIII sec.)



La Basilica Antica sorge addossata, dal lato sinistro, al cosiddetto masso di Eusebio, visibile anche dall'interno grazie ad un'apertura sulla parete (foto 1). La tradizione attribuisce a questa pietra poteri taumaturgici e, soprattutto, propiziatori della fertilità: le donne, infatti, in epoca passata venivano fin qui a strofinarsi per assicurarsi una feconda gravidanza. Alla base della pietra si trova incisa una croce, che ne sottolinea il suo carattere sacro. Al'interno, la chiesa è suddivisa in tre navate, e dietro l'altare principale si trova la pomposa nicchia decorata che custodisce la preziosa statua della Vergine. Realizzata in legno di cirmolo, una conifera resinosa nota anche come pino cembro, la statua misura circa 1,32 m e raffigura la Madonna, in posizione eretta, che regge il Bambino seduto sul braccio sinistro. Con la destra, invece, regge un pomo dorato sormontato da una croce e da una serie di foglie. Il Bambino solleva la mano destra nell'atto di benedizione e regge, nella sinistra, un uccellino simbolo della futura Passione. La sua fattura viene fatta risalire alla fine del XIII sec. e, pertanto, la statua si sostituì a quella originale portata da Eusebio. Intorno alla statua, numerosi affreschi decorano la cappella, opera di un ignoto pittore del Trecento, noto come Maestro di Oropa. Tra i temi raffigurati, si nota una certa preponderanza di Madonne che allattano Gesù, ed è frequente incontrare anche la raffigurazione simbolica della Stella Polare, ovvero ad otto punte.



La Triplice Cinta



La Triplice Cinta



Esternamente alla chiesa, l'enorme piazzale al centro del quale si trova la fontana del "Burnell", è circondato da un ampio porticato sorretto da colonne. Sul pilastro di base di una coppia di queste, attiguamente alla facciata destra della chiesa, troviamo l'incisione, appena marcata, della Triplice Cinta. Non è la prima volta che incontriamo questo simbolo associato, in qualche modo, al culto delle Madonne Nere. Altri esempi, riportati in queste pagine, sono quelli di Terlizzi (BA), presso il Santuario di Sovereto, e di Settefrati (FR), ove si trova il Santuario di Santa Maria di Canneto. Si potrebbe pensare che non si tratti di una semplice casualità. Nell'ipotesi, infatti, che la Triplice Cinta sia un segno caratteristico utilizzato, soprattutto nel periodo medievale, per "marcare" luoghi di particolare sacralità tellurica, si può ben ipotizzare un parallelo con il culto delle Vergini Nere, il quale, derivando da quelli più antichi della Grande Madre e della Terra, erano incentrati su caratteristiche simili.



La Basilica Nuova


Il culto della Madonna di Oropa ha continuato ad espandersi nel tempo, tanto che alla fine del XIX sec. venne decisa la costruzione di una nuova, monumentale, chiesa su di un ampio altipiano sovrastante quello su cui si trova la chiesa originaria. Alla sua edificazione lavorarono molti architetti famosi come Francesco Gallo, Bernardo Antonio Vittone, Ignazio Galletti, Amedeo Stratta, Enrico Terzaghi ed Alessandro Antonelli. Di impianto circolare, la chiesa presenta una zona centrale ottagonale, sormontata da cupola, ove è posto l'altare e, sul fianco, un'altra statua della Madonna Nera (foto 2), di fattura moderna. Le sei cappelle laterali, invece, sono riccamente decorate da affreschi molto colorati. In una di queste, nel motivo decorativo del pavimento, si trova dissimulato lo schema della Triplice Cinta (foto 3): una semplice coincidenza? I tre portali d'accesso in bronzo, inaugurati nel settembre del 1965, raffigurano i principali avvenimenti del Santuario dalle sue origini fino alla storia recente.





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