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La Via Francigena


Submansio VIII: Sca Cristina


(8) Santa Cristina (Bolsena)





Veduta panoramica del lago di Bolsena



L'ottava tappa della Via Francigena che il vescovo Sigerico il Serio fece annotare nel suo diario di viaggio di ritorno verso Canterbury è "Sca Cristina", ovvero Santa Cristina, in riferimento alla martire cristiana che ha il suo centro di culto nella Basilica a lei dedicata presso Bolsena. Si tratta di un grande centro spirituale, in quanto esso è legato al prodigio della pietra galleggiante, che salvò la vita a Cristina e che fu in seguito trasformata nella mensa d'altare della basilica ad essa dedicata. Non solo: quella stessa basilica è protagonista dell'altro grande evento religioso: il Miracolo Eucaristico dell'ostia incarnata che venne successivamente traslata ad Orvieto e che diede il via all'istituzionalizzazione della festa del Corpus Domini.



Bolsena



La Basilica di Santa Cristina L'origine della città di Bolsena è etrusca: l'antica Velzna, infatti, era una delle dodici città che facevano parte della lega delle Dodecapoli, che aveva il suo centro di potere nel santuario del Fanum Voltumnae, dedicato al dio etrusco Vertumno. Dopo la conquista romana essa venne rinominata Volsinii, che è all'origine del toponimo attuale.


La Basilica di Santa Cristina è da sempre il principale centro spirituale della città, tanto che il nome di Sancta Cristina appare non solo annotato nell'itinerario di Sigerico, ma anche in quelli di Filippo Augusto e del monaco islandese Nikulas di Munkathvera, che la chiama Kristinoborg. Il racconto della passione della santa martire bambina, che il padre rinchiuse in torre insieme ad altre undici fanciulle affinché adorasse i dei pagani, è una di quelle storie a tinte molto forti che nel medioevo venivano raccontate ai fedeli per fare presa su di loro. Secondo questa tradizione, la bambina, già convertita al cristianesimo, dopo essersi rifiutata di adorare gli idoli pagani venne denunciata e condannata dallo stesso padre, Urbano, prefetto dell'Imperatore, che la fece sottoporre a tortura. La ragazza vene poi gettata nel lago con una grossa pietra legata al collo, ma questa invece di affogare si tenne a galla, riportandola sana e salva alla riva. La bambina, uscendo indenne dal lago, mise i piedini sulla pietra e le impronte di questi rimasero impressi nella roccia. Questa pietra è stata successivamente trasformata in mensa d'altare. Il padre, dopo questo fallimento, morì affranto, ma i suoi successori, dopo di lui, ripeterono i tentativi. La giovane fanciulla subì ogni sorta di tortura, uscendone ogni volta indenne, e causando la morte dei suoi persecutori, finché all'ultimo non morì trafitta dalle frecce scagliate da alcuni arcieri.


Il Miracolo Eucaristico si verificò nel corso dell'estate del 1263. Ne fu protagonista un prete boemo, tale Pietro da Praga, il quale nutrendo forti dubbi di fede nei confronti del dogma della transustanziazione, ossia della presenza reale di Cristo all'interno dell'ostia consacrata, si recò in pellegrinaggio a Roma per andare a pregare sulla tomba di Pietro e poi se ne tornò sostando presso Bolsena, senza aver fugato del tutto i suoi dubbi di fede. Mentre celebrava la messa in Santa Cristina, l'ostia che aveva appena consacrato cominciò a sanguinare, macchiando le lastre di marmo che ricoprivano l'altare e alcuni dei paramenti sacri. Pietro si recò immediatamente ad avvertire il papa Urbano IV, che si trovava ad Orvieto, e questi inviò sul posto il vescovo di quella città, per fare chiarezza. Il risultato fu che non solo il miracolo venne riconosciuto ed accreditato, ma tutte le reliquie interessate (l'ostia miracolosa, il corporale macchiato di sangue e le lastre marmoree dell'altare) vennero portate nel Duomo di Orvieto, dove furono conservate in apposite cappelle dentro dei reliquari fatti costruire per lo scopo. In ricordo del miracolo, dall'anno 1264 Urbano IV istituì la festa religiosa del Corpus Domini, da celebrarsi ogni primo giovedì dopo l'ottava di Pentecoste, incaricando l'abate e futuro santo Tommaso d'Aquino di scrivere la liturgia adatta per la celebrazione religiosa.



SIMBOLISMO. Leggendo tra le righe, tra i fatti attribuiti dalla tradizione alla vicenda di Santa Cristina, vi è da annotare una curiosa caratteristica: la pietra che diventa "plastica", deformandosi sotto i piedi della santa. Di queste pietre miracolose se ne trovano assai nelle varie tradizioni. Nel nostro incessante peregrinare per la ricerca simbolica, abbiamo trovato diversi esempi:


  • nell'abbazia di Fossanova, a Priverno (LT), dove nel chiostro si possono ammirare le impronte della mula di San Tommaso d'Aquino, rimaste impresse al suo passaggio su una pietra pavimentale;

  • nella Basilica di Santa Francesca Romana presso il Foro, a Roma, dove si trova un masso dell'antico basolato stradale deformato dalle ginocchia di San Pietro mentre pregava impegnato nella "lotta" contro l'eretico Simon Mago. La Basilica conserva una delle tante icone di Madonne Nere presenti nell'Urbe;

  • presso il Santuario della Montagna Spaccata, a Gaeta (LT), dove nella roccia della stretta fenditura a picco sul mare è impressa la "Mano del Turco";

  • presso il Santuario di Santa Maria del Canneto, a Settefrati (FR). Qui la leggenda riguarda la statua della Madonna Nera, apparsa miracolosamente ad una pastorella di nome Silvana. Il tentativo di trasportare via la statua fu vano, perché essa era divenuta particolarmente pesante. Posata su una roccia, però, il capo della Vergine deformò la roccia nel suo punto di appoggio, lasciando una concavità ancora oggi ben visibile.


Tutte queste leggende (e sono solo alcune) devono essere intese in modo simbolico. Le numerose tradizioni relative a pietre della fertilità, pietre di guarigione e pietre sacre (betili e onfali) rimandano infatti alle energie della terra (energie "telluriche" o "sacre"), di cui le pietre sarebbero accumulatori naturali.


Esiste una connessione profonda tra le energie della terra ed il simbolo della Triplice Cinta, essendo quest'ultimo usato, in certi contesti, come "marcatore" di luoghi di particolare sacralità tellurica. È interessante notare che l'edificio che si trova affiancato alla Basilica di Santa Cristina presenta sul muro laterale (quello rivolto verso la chiesa) una lastra in pietra sulla quale sono presenti ben tre schemi di Triplice Cinta. Parallelamente, su uno dei gradini dell'ingresso laterale del Duomo di Orvieto, ne troviamo un'altra. Semplice coincidenza oppure un'altra testimonianza del sottile legame simbolico dei due edifici?


Approfondimento: La Basilica di Santa Cristina, Bolsena (VT)





L'itinerario di Sigerico



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