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Santuario di Santa Maria del Canneto (XIII sec.)


La Madonna Nera e il culto della dea



Settefrati (FR)



Chiesa di S. Maria di Canneto



La chiesa di Santa Maria del Canneto si trova immersa nelle montagne e nel verde del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, ad un centinaio di metri dalle sorgenti del fiume Melfa ed a circa 9 km dal centro abitato di Settefrati (FR). Il toponimo di Canneto deriva certamente da una caratteristica ambientale, la presenza di una folta piantagione di canne, oggi del tutto scomparse. L'attestazione più antica della chiesa risale al XIII sec., più precisamente si trova citata in un rescritto di papa Niccolò IV che la cita come monastero benedettino. I frati risiedevano nel monastero soltanto nella stagione estiva, preferendo in quella invernale stare a Settefrati. La chiesa fu poi abbandonata del tutto a partire dal 1392, divenendo luogo di eremitaggio nei secoli successivi. A dare nuovo lustro al Santuario fu una bolla emanata nel 1475 dai cardinali Bartolomeo Roverella e Giuliano della Rovere (il futuro papa Giulio II), chiamata Deum Placere, con la quale veniva concessa un'indulgenza di 100 giorni a tutti coloro che si fossero recati in pellegrinaggio a Canneto in determinati giorni festivi, tra cui la cosiddetta "ottava dell'Assunta" che culminava il 20-22 Agosto. Ancora oggi il pellegrinaggio dei fedeli verso il santuario tocca il suo culmine al 22 Agosto, quando gruppi di fedeli dai paesi vicini, organizzati in gruppi detti "Compagnie", al seguito del loro stendardo, si recano in processione partendo dalla base del paese. La chiesa attuale conserva pochissimo delle sue origini: la facciata risale al secolo scorso, mentre l'interno, freddo ed ultramoderno, è stato costruito negli anni '70 e concluso con gli ultimi lavori di sistemazione del piazzale nel 1984.



Il culto della dea Mefite


Nel 1958, a seguito di lavori effettuati per l'imbrigliamento delle acque del fiume Melfa, furono ritrovati i resti di un antico tempio pagano dedicato al culto di una divinità femminile, risalenti al IV-III sec. a.C.. Gli studiosi locali identificarono questa dea con Mefite, una divinità pagana legata al culto delle acque, della fertilità dei campi e della fecondità femminile. Una conferma a tale ipotesi potrebbe essere il frammento di colonnina, rinvenuta già molto tempo prima a Canneto, recante un'iscrizione dedicata alla dea, probabile basamento per una statuetta. La colonna si trova oggi esposta nella cripta del Santuario.



La Madonna Nera



La Madonna Nera di Settefrati


L'elemento più caratteristico del Santuario è la statua della Madonna Nera che si venera al suo interno. Le origini della tradizione legata a questa statua sono più o meno le stesse dei tanti altri luoghi in cui si venerano Madonne di questo tipo, e presentano elementi simbolici di grande interesse. La leggenda, in questo caso particolare, è attestata nel dettaglio da uno scritto di padre Beda, un monaco benedettino inglese che aveva visitato il santuario nel 1894. Si tramanda che ad una giovane ed umile pastorella di nome Silvana, intenta a condurre al pascolo il proprio gregge, apparve la figura splendente della Madonna che la incitava a correre in paese per sollecitare l'arciprete di Settefrati affinché in quel luogo fosse edificata una chiesa a lei dedicata. La bambina si mostrò preoccupata per le pecore, che stava conducendo a bere, ma la Madonna la rassicurò dicendole che all'acqua avrebbe pensato lei, e detto ciò, toccando una roccia ne fece sgorgare una sorgente. La fanciulla fece come le aveva ordinato la Signora e ben presto le prime persone giunsero al luogo dell'apparizione. Trovarono la sorgente ma al posto della Signora fu rinvenuta la statua di legno scuro, dinanzi alla quale si misero a pregare. Tempo dopo alcuni cittadini si caricarono la statua in spalla per portarla giù in paese, ma mano a mano che procedevano, la statua divenne sempre più pesante fino a risultare inamovibile; i portatori furono costretti a posarla in terra, poggiandola su una roccia, che miracolosamente si deformò nel punto ove poggiava il capo della statua, in seguito al peso, assumendone la forma. Ancora oggi nel punto denominato "Capo della Madonna", ad alcune centinaia di metri dal Santuario, si nota la pietra con la strana concavità. Il segno fu interpretato come la ferma volontà della Madonna a non voler abbandonare il posto che si era prescelto, e da allora la statua non ha mai lasciato il Santuario, salvo in tempi recenti; nel 1948, ad esempio, dopo le devastazioni dovute alla Guerra, la statua fu portata in pellegrinaggio per confortare le popolazioni colpite. Per il resto, ancora oggi durante le processioni devozionali viene portata in processione una copia della statua ma non quella originale che risiede all'interno del Santuario.



Particolare del volto della Madonna Nera


La sacra effigie, realizzata in legno di tiglio ed ammantata di una preziosa veste bianca ricamata in oro, reca una corona dello stesso prezioso metallo anch'essa realizzata in tempi recenti. Secondo gli studiosi essa risale al XIII-XIV sec. ed in origine doveva avere una postura diversa, seduta in trono con il Bambino al centro, mentre oggi si vede in piedi con il Bambino sulla sinistra. La tradizione tramandata dal monaco Beda presenta senza dubbio molti elementi simbolici, a cominciare dal nome stesso della pastorella, Silvana, che significa "abitatrice dei boschi", e richiama molti elementi di culti pagani come quelli dedicati alla Grande Madre. Curiosamente, nella cripta è presente una statua che raffigura S. Anna con la piccola Maria: anche queste statue, di recente fattura, presentano volti e mani scure.



Statua di S. Anna nella cripta




Settefrati (FR)

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