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La Basilica di Santa Cristina (XI sec.)


Bolsena (VT)



La Via Francigena



La Basilica di Santa Cristina



Santa Cristina di Bolsena


La Basilica di Santa Cristina, presso Bolsena (VT), è il principale edificio religioso della città ed è dedicato alla santa martire bambina Cristina. Figlia di un prefetto dell'imperatore Diocleziano, chiamato Urbano, all'età di undici anni, per la troppa bellezza, venne rinchiusa in una torre insieme a dodici ancelle, e costretta a rinunciare alla fede cristiana alla quale aveva aderito. Al suo rifiuto il padre si vide costretto a denunciarla all'imperatore, e senza un briciolo di pietà ne ordinò l'esecuzione. Una grossa pietra le venne legata al collo e la ragazza fu gettata nel lago. Secondo la tradizione, la pietra miracolosamente restò a galla e permise a Cristina di raggiungere la riva sana e salva. Quando la bambina appoggiò i propri piedi sulla lastra che l'aveva salvata, le orme di questi rimasero impresse sulla roccia. Davanti a quel miracolo, il dolore del padre fu tale che alla fine né morì. Ma le vicissitudini per la bambina non erano ancora finite. Il successore di Urbano, il magistrato Dione, fui ancora più crudele del suo predecessore, e sottopose la fanciulla ad altre atroci torture, e così fece anche il prefetto Giuliano, dopo di lui. Tra i supplizi ai quali fu sottoposta, ci fu anche quello dei serpenti: la ragazza venne gettata in una fossa piena di serpenti catturati da un serparo marsicano (v. Cocullo), ma i rettili invece di morderla si misero a leccarle il sudore. Nonostante la ragazza uscisse illesa da ogni tortura alla quale veniva sottoposta, l'accanimento contro di lei non cessò, finché non trovò la morte definitiva per mano di alcuni arcieri che la trafissero con i loro dardi. Il testo più antico che racconta la "Passione" di Santa Cristina è un papiro proveniente da Ossirinco, in Egitto, che risale al V sec. ed è stato pubblicato nel 1911. L'iconografia raffigura Santa Cristina con gli elementi principali del suo martirio: la pietra legata al collo, i serpenti e le frecce.


In accordo alla tradizione, i resti mortali di Santa Cristina riposano in un'urna nella Cattedrale di Palermo, una delle città di cui ella è compatrona. Si tramanda che esse, inizialmente, furono poste nella chiesa di Bolsena, ma nel 1099 vennero trafugate da due pellegrini francesi, in partenza per la Terrasanta, con l'intenzione di portarle con loro. Lungo il tragitto, essi si fermarono presso Sepino, un piccolo paese del Molise, in provincia di Campobasso. Scoperti dagli abitanti del luogo, furono costretti ad abbandonare il sacro bottino, che rimase in quel paese. In seguito, le ossa furono donate al vescovo di Palermo, con l'eccezione del solo osso dell'avambraccio, che rimase a Sepino. Nel calendario liturgico, Santa Cristina viene festeggiata il 24 Luglio, subito dopo le feste di Maria Maddalena e Santa Brigida di Svezia, e subito prima di San Giacomo Apostolo, San Cristoforo e Sant'Anna, la "Grande Madre" di Maria. Questa collocazione nel calendario non è priva di simbolismo, ma lasciamo al lettore più aperto e smaliziato il compito di trovare i collegamenti giusti…



La Basilica


La chiesa dedicata alla Santa venne edificata a partire dall'XI sec. e presenta uno stile architettonico tipicamente romanico. Dopo la sua costruzione, essa divenne tappa fondamentale per i pellegrini che si incamminavano lungo la Via Francigena, percorrendo la Via Cassia e costeggiando il lago vulcanico. La chiesa sorge su un complesso sotterraneo denominato "Catacombe di Santa Cristina", mentre il complesso superiore comprende, oltre alla basilica vera e propria, la Grotta di Santa Cristina e la Cappella del Miracolo Eucaristico.



Lastra con le impronte dei piedi di S. Cristina

Lastra con le impronte dei piedi di S. Cristina



La pietra che fu legata al collo di Santa Cristina e sulla quale rimasero impresse le sue orme è stata a lungo utilizzata come mensa d'altare, prima di essere rimossa e sostituita. Oggi si trova esposta in uno degli ambienti della Cappella del Miracolo. Sugli aspetti simbolici di questa tradizione abbiamo già parlato nell'articolo di approfondimento dedicato all'ottava tappa del percorso dell'abate Sigerico. Ripetiamo qui che avvenimenti miracolosi legati a rocce o pietre che diventano improvvisamente plastiche al passaggio di qualche sant'uomo sono molto frequenti nelle tradizioni religiose. Uno vi può vedere un'allegoria della fede, così potente che può sciogliere e modificare qualsiasi cuore, anche se duro come la pietra. D'altra parte, considerando tutto il simbolismo associabile alle pietre (che ha un punto di partenza nel racconto biblico del soggiorno di Giacobbe a Luz, poi divenuta Bethel), si potrebbe ipotizzare il comportamento miracoloso della roccia come un segno della "presenza di Dio" all'interno della roccia stessa ovvero, secondo una diversa chiave di lettura, che le rocce sono ricettacolo delle energie della terra.



Il Miracolo Eucaristico



Lastre marmoree macchiate di sangue

Le lastre marmoree del Miracolo Eucaristico



Ad ulteriore riprova della sacralità del luogo, interviene la storia di un altro miracolo, di pari se non maggiore importanza, avvenuto nella stessa basilica. Protagonista ne fu un prete boemo, tale Pietro da Praga, il quale, nutrendo dei dubbi di fede nei confronti del dogma della transustanziazione dell'ostia nel corpo di Dio, intraprese nel 1263 un pellegrinaggio verso Roma, allo scopo di pregare sulla tomba di Pietro per la sua fede. Al ritorno da Roma, il prete sostò presso Bolsena, ma qui nuovamente i dubbi continuarono ad assillarlo. Finché una mattina, mentre celebrava messa nella basilica, l'ostia consacrata che aveva appena spezzato sprigionò del sangue vivo, che cadde sull'altare macchiandone le lastre marmoree di copertura, insieme ai paramenti liturgici. Il prete corse immediatamente ad avvertire il papa, Urbano IV. Trovandosi in quei giorni nella vicina Orvieto, il papa inviò immediatamente sul posto a verificare il vescovo di quella città, il quale confermò la natura miracolosa dell'evento. L'ostia miracolosa e il corporale macchiato di sangue vennero esposti come reliquie in un espositore fatto costruire appositamente, nella Cappella del Corporale all'interno del Duomo di Orvieto. Il piccolo altare dell'VIII sec. sul quale avvenne il miracolo venne smontato e collocato nel vestibolo della piccola basilica ipogea costruita sotto quella principale, a Bolsena (la "Grotta di Santa Cristina"). Delle cinque lastre marmoree di copertura, una venne donata, nel 1574, alla chiesa parrocchiale di Porchiano del Monte. Le altre sono rimaste a Bolsena e, dal 1704, si possono ammirare esposte nella Cappella Nuova del Miracolo, costruita in stile barocco a partire dal 1639 in un piccolo edificio adiacente all'antica basilica.



Le Triplici Cinte


L'edificio che sorge accanto alla Basilica, sul lato destro, vanta un'interessante presenza simbolica. Una delle lastre di pietra inglobate nella struttura muraria è incisa con tre schemi di Triplice Cinta. Se esse furono utilizzate come schemi di gioco, ciò è accaduto sicuramente prima della messa in opera. Gli schemi sono affiancati ma non in asse tra loro, giacché ciascuno di essi presenta un orientamento diverso da quello accanto. Le cinte sono quadrate e non presentano segmenti diagonali, né marcature nel riquadro centrale.







La Via Francigena - Submansio VIII: Sca Cristina


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