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Misteri d'Oltralpe



Vienne



Il sentiero simbolico dell'olmo



Situata a 30 km circa dalla città di Lione, nel dipartimento francese dell'Isére, la ridente città di Vienne offre al visitatore un ricco patrimonio architettonico e culturale, frutto di una storia più che millenaria. Già nel III sec. a.C., infatti, nel suo territorio, nel cuore dell'antica regione di Gallia, si trovava l'insediamento di un'antica popolazione chiamata Allobrogi. Avendo giurato sin da subito fedeltà a Roma durante la guerra gallica, poté godere di privilegi rari. La nomina a colonia romana, intorno al 40 d.C., segnerà l'inizio della sua ascesa verso la prosperità. Nel V sec. divenne capoluogo della provincia Viennese, contemporaneamente alla diffusione del culto cristiano. Nel VI sec. si ebbe la costruzione della Basilica di San Pietro, una delle più antiche di Francia. Mantenne il suo ruolo di sede imperiale e religiosa anche dopo essere entrata a far parte del Sacro Romano Impero Germanico. Nel 1311 venne scelta come sede del famoso concilio che, su pressione del re di Francia Filippo il Bello sancì la soppressione e la condanna dell'Ordine dei Cavalieri Templari. Con il ricongiungimento al regno di Francia, nel 1450, la sua fama venne oscurata dalla vicina Lione. Tornò in auge durante il XVIII sec., grazie alla nascita di una fiorente industria tessile, che durò fino alle soglie del XX sec.



Il simbolismo dell'olmo


Il simbolo dell'olmoPer scoprire la città, l'Ufficio del Turismo ha predisposto un percorso di visita che tocca tutti gli itinerari principali. Questo cammino è simbolicamente contrassegnato sul suolo con delle borchie circolari in bronzo, sulle quali è raffigurato un olmo. Quest'albero rappresenta il simbolo della città: esso, infatti, compare nelle insegne cittadine come emblema delle libertà comunali assegnate ai Viennesi dall'arcivescovo Jean de Berman nel 1225. In araldica, l'olmo simboleggia l'amicizia, il sostegno, la protezione, l'amore coniugale o l'amore fraterno. Questa caratteristica simbolica deriva dall'uso sin dai tempi più antichi di questo albero come sostegno per le viti, in quanto non assorbe dal terreno le sostanze nutritive necessarie alla crescita della vite. Curiosamente, l'olmo è anche una pianta particolarmente cara per il suo simbolismo ai Cavalieri Templari, che nella vite rappresentavano il sangue di Cristo: "Santa Maria dell'Olmo" e "Madonna dell'Olmo" sono dei toponimi spesso utilizzati dai Templari per intitolare le loro chiese. Non dimentichiamo, infine, il discusso episodio del "taglio dell'olmo" di Gisors, fatterello storico tanto strano quanto intrigante, nel quale alcuni autori vi hanno visto la celebrazione di una cerimonia iniziatica destinata a sancire la separazione ufficiale del ramo più esoterico dell'Ordine, il Priorato di Sion.



La Chiesa di San Pietro (V-VI sec.)


Seguendo l'emblema dell'olmo, a partire dall'Ufficio del Turismo, il primo monumento che s'incontra è l'antica Chiesa di San Pietro (Eglise de Saint-Pierre, foto 1), fondata nel V-VI sec. ed oggi sede del Museo Archeologico. Avendolo trovato chiuso in occasione della nostra visita, abbiamo potuto soltanto ammirarne gli esterni, cercando di gettare un occhio più attento tra le antiche pietre, alla consueta ricerca di qualche simbolismo particolare, che però non troviamo. Riprendiamo a seguire le borchie bronzee, che come le celebri molliche di pane della fiaba di Pollicino ci indicano la strada, e ci dirigiamo verso la meta successiva, che si presenta ai nostri occhi pochi passi dopo.



La cattedrale di San Maurizio


L'imponente primaziale di San Maurizio (Cathedrale de Saint-Maurice, foto 2) si eleva al di sopra di un'imponente gradinata, edificata su un luogo considerato sacro sin dai tempi più antichi. L'area su cui sorge, infatti, era già venerata dai Romani che vi avevano realizzato un foro ed un tempio dedicato ad Augusto e Livio. Fu sede diocesana già dalla fine del III sec., con una serie di cappelle, un battistero e la residenza vescovile. L'edificio, così come lo vediamo oggi, invece, venne costruito tra l'XI e l'inizio del XVI sec. in forme gotiche. Alla sinistra dell'edificio si apriva il chiostro, sul quale si affacciavano tre cappelle dalle dedicazioni significative, per chi ricerca nel simbolismo: una dedicata ai Sette Fratelli Maccabei, una a Giovanni Battista e la terza a Nôtre-Dame. Oggi né le cappelle, né il chiostro si sono conservati, essendo stati abbattuti per esigenze di urbanizzazione, per fare posto all'adiacente Place St. Paul, che preserva tuttora le forme dell'antico chiostro.



Figura sul portale di St-Maurice

Una strana ed inquietante figura accoglie

il visitatore sul retro del portale d'ingrsso...



È interessante sottolineare il simbolismo che è legato al Santo titolare di questa chiesa. San Maurizio, infatti, è un santo guerriero, che era stato ufficiale dei corpi ausiliari dell'esercito romano reclutato in Egitto (la cosiddetta "Legione Tebaica") e poi convertito al Cristianesimo. Egli venne martirizzato sotto il regno degli imperatori Diocleziano e Massimiano (290 d.C. ca.), insieme ai suoi compagni Vittore, Candido ed Exuperio, per essersi rifiutati di perseguitare i Cristiani e di sacrificare agli idoli pagani. San Maurizio, cui è intitolato un importante ordine cavalleresco fondato originariamente nel 1434 da Amedeo VIII di Savoia, è tradizionalmente rappresentato come un santo guerriero, in armatura, a piedi o talvolta a cavallo, recante un'insegna rossa al cui centro compare una croce trilobata bianca. Una croce simile appare al centro di un tondo affrescato sulle pareti della chiesa, e presenta inoltre quattro punti su ognuno dei lati [1].



La croce trilobata e i quattro punti

La croce trilobata e i quattro punti



All'interno, le arcate romane e le navate laterali hanno conservato le loro colonne sormontate da capitelli romani ed ornate con scene bibliche e motivi vegetali. Vi si conserva anche un notevole zodiaco scolpito.


Lasciamo la cattedrale ed attraversiamo l'adiacente piazza, rimanendo fedeli alla pista dell'olmo, per scoprire un'altra interessante meta non meno ricca di sorprese…



La chiesa di Saint-André-le-Bas


Chiamata così per distinguerla dall'abbazia di Saint-André-le-Haut, che sorge sulla parte alta del paese (ma che è dedicata a… San Luigi: un piccolo mistero che non siamo riusciti a svelare!), questa piccola chiesa, che sorge all'estremità nord della città, e il vicino chiostro, facevano parte di una ricca e potente abbazia risalente al VI sec., di cui oggi costituiscono tutto ciò che resta. La chiesa (foto 3), che noi abbiamo trovato chiusa, era l'antica cappella del palazzo del re Boson, edificato sul finire del IX sec. L'edificio venne successivamente rimaneggiato nell'XI e XII sec., epoca durante la quale venne anche edificato il chiostro attiguo, che invece è sempre aperto alle visite (foto 4). Ed è proprio qui che, tra colonnine e capitelli riccamente decorati con figure floreali, scene bibliche e figure simboliche, abbiamo rinvenuto degli esemplari molto antichi (a giudicare dal loro stato di consunzione) di Triplici Cinte, graffite sui muretti perimetrali. Il primo esemplare misura 17,5 x 18 cm ed è posto sulla roccia in lieve diagonale. La superficie della roccia è abbastanza rovinata e presenta dei fori irregolari, escoriazioni, ed altri più regolari, quasi delle micro-coppelle. Dalla diversità della pietra rispetto a quelle vicine, e dall'aspetto del bordo, che appare quasi troncato, sembrerebbe essere materiale di reimpiego da una costruzione precedente. Questa stessa cosa sembra ancora più evidente nell'altro esemplare, che presenta un lato completo di circa 20 cm ma l'altro è visibilmente troncato e se ne conserva un tratto lungo 15 cm.



Triplice Cinta n° 1 Triplice Cinta n° 2


Girovagando per il chiostro, se ne trovano tanti altri di elementi curiosi. Ad esempio, una delle pietre del chiostro reca scolpita questa piccola croce patente:



La piccola croce patente


Lungo le pareti interne sono appesi numerosi frammenti lapidei resti dell'antico edificio abbaziale. Tra i motivi decorativi abbondano simboli tipici della cristianità primitiva, come il "Chrismon", o monogramma di Cristo, e una coppia di uccelli che si abbeverano alla stessa fonte, motivo assai frequente.



Chrismon n° 1
Chrismon n° 2
Chrismon n° 1 Chrismon n° 2


Lapide con figure d'uccelli n° 1
Lapide con figure d'uccelli n° 2
Lapide con uccelli n° 1 Lapide con uccelli n° 2


Troviamo anche altri elementi decorativi a carattere simbolico, come il Nodo di Salomone e il Nodo dell'Apocalisse:



Frammento con Nodo di Salomone
Lapide con Nodi dell'Apocalisse
Frammento con Nodo di Salomone Lapide con Nodi dell'Apocalisse


Il Teatro Antico e i Giardini di Cibele


Il "percorso dell'olmo" prosegue girando attorno alla città, e passa accanto al colle detto "di Pipet", sul quale si adagiano i resti di un anfiteatro romano (Theatre Antique), uno dei più grandi che questa civiltà abbia realizzato in territorio gallico (circa 130 m di diametro). Restaurato nel 1938, a distanza di circa 19 secoli ha magicamente ritrovato la sua funzione originaria, diventando oggi cornice ideale di rappresentazioni ed eventi artistici, come il seguito Festival del Jazz.


Più avanti, dopo aver attraversato Montée Saint-Marcel ed essersi immessi in Rue Victor Hugo, una delle arterie principali della città, ci si trova di fronte al giardino archeologico di Cibele, con i resti delle mura e delle grandi arcate (foto 5), vestigia che testimoniano l'antico splendore della città gallo-romana che precedette quella attuale. La sua denominazione fa presumere che quest'area fosse, in origine, consacrata a Cibele, una divinità anatolica venerata come Grande Madre (Magna Mater, per i Romani), dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici. È interessante notare che il culto di questa dea, introdotto a Roma nel 204 a.C., aveva carattere misterico, ctonio (in quanto le cerimonie si svolgevano sempre in luoghi sotterranei, nascosti e poco accessibili) ed orgiastico. Tornando con il ricordo alle Triplici Cinte del chiostro di St. André-le-Bas, ci viene da pensare ad una congiuntura sulla quale più volte, in queste pagine, ci è capitato di porre l'attenzione. Parliamo, cioè, della circostanza che frequentemente accomuna i luoghi di ritrovamento delle Triplici Cinte ed i luoghi che anticamente sono stati sede di culti della fertilità o delle acque. È dunque possibile che gli antichi costruttori e gli architetti di Saint-André-le-Bas avessero voluto "ricordare" con un segno materiale, visibile a tutti ma intellegibile a pochi, la particolare sacralità tellurica del luogo nel quale stavano edificando il nuovo tempio?



Il "Tour des Compagnons"


Il percorso di visita volge al termine, passando accanto al "Musée des Beux-Arts et d'Archéologie", e percorrendo il suggestivo viale alberato di Course Romestang, prima di tornare davanti all'Ufficio del Turismo dal quale eravamo partiti. Restano fuori da questo percorso, oltre alla già citata abbazia di Saint-André-le-Haut, il Monte Salomone, sul quale sorge il castello del XIII sec., unica testimonianza delle fortificazioni del periodo medievale, e la cosiddetta Pyramide. Si tratta dell'antica spina del Circo romano, di forma piramidale molto stretta, che ricorda quasi un obelisco egizio. Essa si eleva a più di 20 m d'altezza nel quartiere sud della città, e sembra quasi fare simbolicamente da contraltare al chiostro di André-le-Bas, di posizione diametralmente opposta. Un caso? Per quanto finora riportato, per tutto l'apporto simbolico che pur nell'ambito di un breve giro di mezza giornata abbiamo potuto riscontrare, si può certamente considerare Vienne come una città "esoterica", e non a caso essa figura come una delle prime tappe del cosiddetto "Tour de France des Compagnons", considerato dai Massoni quasi un pellegrinaggio, perché attraversa tutte quelle località d'Oltralpe in cui si possono trovare riferimenti, ricordi e monumenti simbolici cari alla Massoneria [2].





Note:


[1] Questa configurazione richiama il noto simbolo alchemico dell'Acetus Philosophorum, o Aceto dei Filosofi. Abbiamo già parlato di questo simbolo nell'articolo sull'abbazia dell'Argentella, a Palombara Sabina (RM).

[2] Cfr. Jules Boucher, "La simbologia massonica", Ed. Atanor, Parigi, 1948.




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