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Pieve di Santa Maria della Pietà (XV sec.)


Bibbona (LI)



Pieve di Santa Maria della Pietà



La costruzione della Pieve di Santa Maria della Pietà di Bibbona (LI) si compì nel 1492, ma i lavori erano cominciati dieci anni prima, ad opera di Ranieri Tripalle e Vittorio Ghiberti, figlio di Lorenzo. Si tratta di uno dei primi esempi di chiesa rinascimentale con pianta centrale a croce greca. Questa chiesa è stata parte integrante della storia civile e religiosa della comunità di Bibbona e si riallaccia direttamente alle vicende della Badia del Mansio e alla vita religiosa del 1400. La devozione e l'amore verso la Madonna da parte della comunità di Bibbona è plurisecolare. La sua storia è contenuta in un libretto intitolato "Le Badie dei Magi", fortunatamente salvatosi dalla furia delle truppe napoleoniche che distrussero l'archivio comunale. In esso si apprende che la fondazione del Monastero del Masio, la cui etimologia ha dato origine a varie derivazioni ("Mansio", "Masio", "Masi" o "Massel" deriva il suo nome dalle "masse", che erano centri aziendali o fattorie di epoca longobarda), avvenne per mano di un gruppo di Benedettini provenienti dalla Badia di Monteverdi, nel 754, al tempo di S. Walfredo della Gherardesca. Bibbona in quel tempo era dominata dai Longobardi e vi risiedeva il loro capo, Agilulfo, detto "Lo Sparviero", che predava e terrorizzava gli abitanti della zona. Un giorno la figlia di un nobile di Bibbona si fermò davanti ad un'edicola dipinta su un sasso (la stessa che oggi si può vedere incassata nell'altare maggiore) e qui venne rapita da Agilulfo. Durante la fuga attraverso il bosco egli cadde da cavallo insieme alla ragazza e rimase ferito. I monaci della Badia, accorsi in loro aiuto, riuscirono a soccorrere entrambi ed a convertire Agilulfo. Il popolo di Bibbona attribuì la conversione alla Madonna ed eresse un monastero per ringraziare la Vergine.


Il piccolo monastero esisteva già nel 797, quando il suo patrono, il prete Casualdo, ne fece offerta alla cattedrale di Lucca e fu affidata ai Benedettini. Nel 1257 la chiesa fu affidata all'Ordine dei Vallombrosani, quando questo era governato dall'Abate generale Tesauro, il quale ne ottenne conferma dal papa Alessandro IV nel 1° Marzo 1257. La posizione dell'Abbazia e del monastero diventò poi infausta a causa dell'aria malsana e del pericolo dei corsari, venne quindi nuovamente abbandonata e Gregorio XIII concesse ai monaci di Santa Maria del Masio la chiesa di Santa Maria della Pietà posta dentro il castello di Bibbona. Nel frattempo i beni della Badia dei Magi e dell'Abbadia di Bibbona vengono affidati alla Badia di Chiusdino, detta Serena, anch'essa affidata ai Vallombrosani e legata come Bibbona ai possedimenti dei Della Gherardesca. La chiesa dei Mansi venne poi demolita ed ai monaci fu concesso di ricostruirla all'interno del paese; oggi si tratta della Chiesa di S. Giuseppe in Via Carraia sulla cui facciata in pietra è visibile lo stemma dei Vallombrosani.


Il comune costruì anche un monastero nella parte settentrionale nella quale vissero inizialmente i cosiddetti canonici di San Pietro che seguivano le regole di S. Agostino. Si trattava probabilmente di un ordine locale, ma durante una visita apostolica nel 1576 si chiese la loro soppressione, chi dice per accusa di apostasia, chi per l'esiguo numero; si chiamò a sostituirli i Vallombrosani, che avevano già diversi beni nel territorio. Nel 1653 sotto Innocenzo X il convento venne soppresso e la chiesa venne eretta a beneficio semplice ed affidata a sacerdoti detti Rettori fino al 1946. L'ufficio dei canonici regolari antecedenti i Vallombrosani era di di esorcisti e ministranti di penitenze, cioè di esecutori ed assistenti di pubbliche penitenze (si narra, ad esempio, di un genitore che nel 1535 aveva soffocato nel sonno la sua creatura: egli fu mandato a piedi nudi da Sasso Pisano, dive risiedeva, fino a Bibbona ad ascoltare una messa dondolando di fronte a tutto il popolo una culla vuota).


In questa chiesa si verificarono fin dal 1482 dei fatti straordinari che così vennero annotati dal mercante fiorentino Luca Landucci: «in quel tempo si parlava di una divozione di nostra Donna trovata a Bibbona, d'un tabernacolo fuori di Bibbona con sbarre di balestro e d'una Vergine Maria con Cristo in braccio... La quale cominciò insino al cinque Aprile 1482 a trasfigurarsi, cioè da azzurro, rossa, da rossa poi nera e questo avvenne molte volte fino al 12 Giugno 1484". Anche fra Girolamo Savonarola conobbe questo fatto e ne scrisse un'accesa esortazione poetica.



La chiesa e le iscrizioni


La chiesa, tutta costruita in mattoni, ha una pianta a croce equilatera ed è sormontata da una cupola rotonda sulla quale è posta una lanterna sormontata da un palla in pietra con una croce in metallo. All'interno non ha grossi ornamenti, ma è agile e snella nelle sue forme rinascimentali, tranne alcuni capitelli decorati con fogliame. Nel mezzo del giardino si apre un tabernacolo assai incavato che mostra nel fondo, dipinta su un masso di tufo, l'immagine della Vergine della Pietà. La chiesa è volta verso settentrione per servire l'esigenza della prodigiosa immagine che guarda a mezzogiorno. Si accede ad essa per mezzo di tre grandi portali in pietra sormontati da architravi a lunetta. Nella parte centrale si legge l'iscrizione 1492; ai lati della porta vi sono invece dei leoni rampanti sopra uno scudo in pietra su cui si legge la sigla C.B. ("Comunis Bibbonae"). Sopra le tre architravi si possono leggere tre scritte caratteristiche:



1) TERRIBILIS EST LOCUS ISTE [ESD] «Questo è un luogo terribile [ESD]»



TERRIBILIS EST LOCUS ISTE



Le lettere aggiuntive ESD non sono state mai interpretate.



2) HAEC EST DOMUS DEI ET PORTA COELI «Questa è la casa di Dio e la Porta del Cielo»



HAEC EST DOMUS DEI ET PORTA COELI



3) DOMUS EST PIETATIS ET GRATIAE «È casa di pietà e di grazia»



DOMUS EST PIETATIS ET GRATIAE



Si tratta di frasi bibliche dalla forte connotazione simbolica (vedi, per dettagli, "Il Bethel", nella sezione dedicata ai simbolismi).





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